Passa ai contenuti principali

I BAMBINI E LA PAURA DEL BUIO



“Buona notte! Sogni d’oro… Ci vediamo domani..”
Queste di solito sono le ultime frasi di fine giornata che mamma e papà dicono ai loro figli, per poi allontanarsi dalla cameretta, ritornare in cucina e finire di sistemare i piatti e le stoviglie della cena. Finalmente, quando i bambini si sono addormentati, arriva il momento in cui gli adulti possono ritagliarsi un breve spazio solo per loro, per poter guardare la TV, leggere un libro o prepararsi per la notte in tutta tranquillità.
In molte famiglie però non va proprio così; per molti genitori il momento di portare a letto i propri figli  non è sempre un rituale comune e sereno come quello descritto sopra, anzi a volte diventa una vera e propria “lotta” attraverso la quale il bambino tenta disperatamente di prolungare il momento della veglia e soprattutto tenta di tenere vicino a se uno dei due genitori, con la richiesta di un ultimo abbraccio o un’ultima storia da raccontare. Alcuni bambini esprimono verbalmente il timore di rimanere soli al buio; nelle fantasie dei bambini l’oscurità può nascondere mostri di ogni forma e colore o fantasmi pronti a spuntare appena si spengono le luci.
I bambini che hanno paura del buio esprimono tutte le sere i loro timori; ogni volta che il papà o la mamma tentano di spegnere la luce, la paura di rimanere da solo al buio, cresce ancora di più. La resa dei conti si risolve con uno dei genitori che si addormenta nel lettino, o peggio, accoglie il bambino nel lettone che invece dovrebbe “appartenere” solo ed esclusivamente alla coppia.
Bambini che hanno paura del buio, quando scende la sera, potrebbero chiedere a un genitore di accompagnarli in bagno o in altre stanze della casa, nonostante abbiano la possibilità di accendere loro stessi la luce.
Vediamo adesso di comprendere cosa realmente spaventa i bambini, come comportarci e cosa fare con loro per aiutarli a superare la paura.
La paura del buio si manifesta in genere tra i 2 e i 7 anni di età e fa parte del normale processo di crescita, ma è importante sapere come affrontarla per ridurla e fare in modo che non interferisca con il regolare ritmo sonno-veglia il quale, inevitabilmente condiziona tutti gli altri aspetti di vita del bambino: dall’umore del giorno dopo, fino ad arrivare alla capacità di concentrazione a scuola. Se non affrontata in maniera giusta, il rischio è che la paura del buio si protragga ben oltre i 7 anni d’età.
Il buio rappresenta per il bambino la perdita dei punti di riferimento sia affettivi “non vedo più mamma e papà”, sia contestuali (i giochi e gli oggetti utilizzati di giorno dal bambino e quindi caricati affettivamente, vengono inghiottiti dall’oscurità). Il  bambino inizia così a percepire la propria vulnerabilità, sperimenta il timore di essere abbandonato, avverte il timore di perdere dei riferimenti.
La paura del buio in alcuni casi, può condensare ed esprimere tensioni familiari, modalità relazionali con un genitore troppo ansioso e soffocante. Il timore dell’oscurità può rappresentare, inoltre, un contenitore nel quale il bambino canalizza emozioni quali rabbia ed aggressività.

Cosa fare?

In presenza di un figlio che manifesta la paura del buio, è importante seguire alcuni punti: non banalizzare il suo timore, ma accogliere il suo stato d’animo e spiegare che è normale avere delle paure, così come le hanno mamma e papà. Non obbligarlo a stare al buio, ma acquistare una piccola lampada che possa illuminare un angolo della cameretta. Esorcizzare la sua paura attraverso storie e racconti di personaggi che hanno superato una difficoltà. Fare un gioco di pochi minuti, prima di andare a letto, particolarmente gradito al bambino, così da indurre in lui uno stato d’animo positivo prima di coricarsi.
Infine, si consiglia di consultare un esperto in alcuni casi particolari, quali: la paura perdura per diverse settimane e sembra crescere con il susseguirsi delle notti; il bambino manifesta altre paure oltre quella del buio; la paura permane o si manifesta ben oltre i 7 anni d’età.
  
Dott. Claudio Granata, Dott.ssa Fabiola Elia

www.studiopsicologialatina.com 

Se vuoi iscriverti alla Community Psicologia e Infanzia, clicca sul link: https://plus.google.com/u/0/communities/115685498168271604291


Commenti

Post popolari in questo blog

Siete sicuri di amare veramente i vostri figli?

Questa è una domanda frequente che pongo in seduta di psicoterapia, alle coppie in fase di separazione. Sembra una domanda banale, forse provocatoria, ma non è né l’una, né l’altra; è un’importante spunto di riflessione dal quale ogni genitore dovrebbe non solo partire, ma tenere bene in mente durante   il lungo e tortuoso cammino verso la separazione dal proprio coniuge. Purtroppo, ciò che accade troppo spesso nelle coppie separate, è di utilizzare i figli nella guerra personale verso l’altro partner; si iniziano a boicottare gli incontri con l’altro genitore (spesso il padre), si riversa la rabbia verso l’ex coniuge sui figli, svalorizzandolo o parlandone male, mettendoli quasi sempre davanti a una scelta scomoda, quella di dover   scegliere fra un genitore o   l’altro. La rottura della coppia coniugale non vuol dire rottura della coppia genitoriale; chi veramente vuole il bene dei propri figli, non antepone se stesso e le proprie emozioni a loro. Quando due coniugi si separano

ENURESI O PIPÍ A LETTO: UN FENOMENO MOLTO COMUNE

“Il corpo è il luogo e il mezzo privilegiato attraverso il quale, preso in un conflitto, il bambino esprime il suo malessere”.   ( L.Kreisl, Clinica psicosomatica del bambino ) L’enuresi , ovvero quando il bambino bagna involontariamente di urina il letto di notte (enuresi notturna) o i vestiti (enuresi diurna), è un disturbo che si registra durante l’infanzia. È un fenomeno abbastanza frequente fino ai 3-4 anni e, in genere, non costituisce un problema grave. Viceversa oltre quell’età è necessario affrontarlo con attenzione per stabilire quali possono essere le cause.   In effetti bisogna distinguere se il bambino continua a bagnare il letto o i vestiti, quando ha già acquisito il controllo della minzione, oppure se riprende dopo un periodo in cui si era risolto il problema . Nel primo caso si potrebbe trattare di un ritardo nella maturazione del sistema nervoso o del sintomo di una malattia organica da precisare. Nel secondo caso, i nvece, di un disturbo particolarmen

Come dormono i bambini? Cos’è un problema di sonno?

Prima di capire quando si può parlare di problema di sonno nei bambini è necessario conoscere alcune nozioni fisiologiche del sonno. Il sonno in generale è caratterizzato da un’alternanza di fasi; nei bambini la quantità di sonno REM (detto anche “sonno leggero”) è pari alla quantità di sonno NREM (detto anche sonno profondo), la fase di sonno di un bambino è pari a 45/50 minuti, mentre quello di un adulto è di 90 minuti, ecco perché i bambini hanno più risvegli notturni rispetto ad un adulto. Se poi parliamo di neonati , passano circa 16 ore su 24 a dormire, nei primi mesi di vita il sonno è polifasico, dopo il primo mese di vita il sonno inizia ad organizzarsi seguendo il ciclo luce-buio; a sei mesi il periodo di sonno più lungo e continuativo avviene durante la notte, almeno nella maggioranza dei casi, altrimenti parliamo di problema di sonno e nello specifico si può definire tale quando: ·         In generale quel comportamento disturba il sonno dei genitori; ·